La storia del Circolo


Le sedi del Circolo dal 1860




Le sedi sociali dal 1860


Le sedi della Società, nell'arco di un secolo, furono diverse.

Nel 1860 il Circolo fu aperto nei locali del Ridotto del Teatro Alighieri in Via Angelo Mariani.

Il Circolo fu successivamente trasferito nel Palazzo Gargantini - già Rasponi Del Sale (attualmente sede di UniCredit Banca, in Piazza del Popolo), fino 1878.

Successivamente fu spostato nel seicentesco Palazzo Rasponi (demolito, attualmente c'è il Palazzo della Provincia, in Piazza dei Caduti per la Libertà), bella e fastosa dimora, ricca di molte opere d'arte - tra le quali la statua del Canova La Musa Erato - raccolte e conservate dal Conte Ferdinando Rasponi, appassionato cultore dell'arte e fervente liberale. Il Palazzo fu trasformato nel sontuoso Grand Hotel Byron da Geremia Zoli, ardente Massone, già Maestro di Casa del Circolo Ravennate a Palazzo Gargantini, il quale era stato incoraggiato e sostenuto in questa impresa dallo stesso Presidente del Circolo, Conte Achille Rasponi. Alla morte di Zoli la nuova gestione risultò fallimentare, così che l'edificio fu messo in vendita ed acquistato dalla Federazione Provinciale delle Cooperative che lo destinò a propria sede. Lo stesso Presidente della Federcoop, il Socialista On. Nullo Baldini, considerò politicamente significativo che il movimento cooperativo, costituito dai ceti più umili della Città e del forese, fosse subentrato nella sede del Circolo Ravennate, conosciuto come il Circolo dei Signori, espressione dei ceti più abbienti.

La Società venne quindi spostata nel Palazzo Spreti (poi sede del Pri-Casa del Popolo, in Via Paolo Costa).

Poi il Circolo fu trasferito nel Palazzo Ginanni Corradini di A. Guerrini (demolito, attualmente c'è il Palazzo dell'Inps).

La Società passò successivamente nel Palazzo Baronio - Rasponi - Bonanzi (già Guiccioli) di Via R. Gardini.

La sede sociale 1958


Il Quattrocentesco Palazzo Rasponi, denominato Domus Magna.

Nel 1958, a seguito della ricostituzione, il 13 maggio, dell'antico Circolo Ravennate da parte di molti importanti Soci usciti dal Circolo Cittadino di Via R. Gessi (l'odierna via R. Gardini), la sede fu aperta nel quattrocentesco Palazzo Rasponi, poi Bellenghi. Nella Zona Dantesca tra Via Corrado Ricci e Via Guido da Polenta.

Ecco la lunga storia del Palazzo96.

"La notizia più antica che abbiamo di questo Palazzo Rasponi risale ad un istrumento del 22 giugno 1397 dal quale si apprende che il Cimiliarca della Chiesa di San Francesco concesse, a livello di 29 anni a Ser Nerino del fu Francesco Rasponi (Nerino era il padre di Paolo, che sposerà Orabile Balbi), una casa con balcone, posta nella guaita di San Francesco, presso la Via che conduce alla Basilica. Si parla di Via perché allora la Chiesa non aveva davanti la Piazza che risale solo al 1679. Tale casa era stata tenuta, con un contratto simile, da Sandro Ebreo, decaduto per non aver pagato le dovute pensioni e non aver fatto la rinnovazione a tempo debito. La rinnovazione del contratto, stipulato da Nerino Rasponi, fu data il 5 maggio 1453 dai Frati di San Francesco al figlio del fu Ser Piero Rasponi, Giorgio, il quale pagò le annue pensioni ai Frati sino al 1472. Nel 1492 subentrò il figlio Antonio; nel 1526 fu rinnovata nel contratto Giovanna Fabri, moglie del Capitano Teseo Rasponi, detto Raspone, che pagò fino al 1563 e dal 1564 al 1574 il Capitano Cesare, figlio di Teseo; poi nel 1574 il Capitano Raspone, figlio di Cesare. Durante il secondo periodo della dominazione veneta su Ravenna (1527-1530) la casa era stata occupata dalle milizie veneziane e Giovanna, vedova di Teseo Rasponi, aveva potuto riaverla solo nel 1534 con un indennizzo da parte del Comune di 450 scudi, per i danni arrecatile dai soldati della Repubblica Veneta. Con questi denari essa cominciò a rifabbricare nel 1541 una parte della cosiddetta Casa del cantone, detta anche la Torre di San Francesco.

Ma la nuova costruzione dovette sembrare un po' troppo minacciosa ai nemici dei Rasponi che si rivolsero al Governatore di Romagna, Mons. Giovanni Del Monte, poi Papa Giulio III, perché facesse sospendere il lavoro; tuttavia il 12 aprile 1542 questi diede il permesso di condurre a termine l'opera:

Havendo noi veduto la casa che fabbrica il Capitano Cesare Rasponi in Ravenna essere casa di privato cittadino et non fortezza, come da alcuni vanamente si asseriva, et essendoci nota la devozione et fede d'esso Capitano et sua famiglia verso la S. Sede Apostolica e N. S., per tenore della presente gli concederemo licenza di proseguire la detta fabbrica et casa et finirla perfettamente secondo il principio cominciato non ostante cosa alcuna in contrario.

La nuova casa venne indicata nei documenti coi nomi di Domus magna, Torre del Capitano Cesare, Palazzo della Corona. Nel 1547 si addivenne alla divisione di essa tra i figli di Giovanna: la parte nuova restò alla madre ed al Capitano Cesare; l'altra, contigua, sull'attuale Via C. Ricci, toccò al Capitano Raffaele; morendo il Capitano Cesare lasciò la propria parte al figlio Giulio; questi a Cesare Antonio; poi al Marchese Filippo; nel 1735 al Marchese Cesare; nel 1759 al Conte Francesco Crispi Manfredi; nel 1797 a Pietro Rasponi.

Nel secolo XVIII il Palazzo Rasponi fu trasformato in Locanda. Esso è indicato come Osteria della Corona sino dal 1704. Infatti i discendenti del Capitano Cesare si erano trasferiti, fin dal 1658, nel Palazzo cosiddetto Rasponi - Murat (situato nell'odierna Via A. Guerrini all'angolo con Piazza Kennedy).
In una scrittura del 6 gennaio 1742 si legge che il Palazzo è affittato, di semestre in semestre, da un agente del Marchese Cesare, per l'annuo canone di scudi 40, a Domenico Melmolucci o Melmoluzzi, ad uso di Osteria detta La Corona. L'Osteria, all'inizio dell'Ottocento, fu trasferita nell'adiacente Casa Rizzetti (poi demolita per far posto alla Biblioteca Oriani) e lì soggiornò dal 9 giugno 1819 al marzo 1820 Lord G. Byron.

Pietro fu l'ultimo proprietario del Palazzo appartenente alla Famiglia Rasponi, infatti egli nel 1803 vendette l'edificio ad Anna Gamba ed a Francesco Gentili, i genitori di Laura, moglie di Iacopo Landoni. Nel 1810 l'edificio divenne proprietà degli Avvocati Angelo Vignuzzi e Guido Fabri, che già possedevano le case adiacenti in Via Guido Da Polenta.
La parte bassa invece risulta nel 1810 di Giuseppe Ghiselli. Giovanni e Santi Fabri, figli dell'Avv. Guido, nel 1833 diedero in vendita la loro parte con altre possessioni, al Cav. Antonio Gargantini di Milano; questi ne vendette metà a Giovanni Boni e metà all'Ing. Zarabbini, che nel 1853 cedette la propria parte al Boni, il quale nel 1876 vendette tutto all'armatore Giuseppe Bellenghi, che poi lasciò agli eredi Gen. Mario Gariboldi e Dr. Maria Luisa Fagnocchi.

La Drogheria Bellenghi fu aperta la sera del 17 dicembre 1877 e per la fine dell'ottocento e per il secolo scorso rappresentò il negozio più caratteristico e meglio fornito della Città. Il Palazzo, da tutti questi passaggi di proprietà, non aveva tratto alcun beneficio poiché nessuno aveva messo in cantiere opere di manutenzione straordinaria, per cui nel 1847 il proprietario Giovanni Boni chiese alla Commissione Comunale d'ornato il permesso di ripararlo e di fare interventi strutturali.

E' interessante la sua richiesta perché ci fa sapere di alcune caratteristiche dell'antico edificio, oggi scomparse. Anzitutto nella domanda egli parla del locale detto La Corona, chiede di ribassare la parte alta, cioè l'angolo fra le due strade, di alzare la bassa in confine con la casa adiacente (oggi Casadio) dando così alla nuova facciata una medesima altezza, portare in tale facciata tutte le finestre allo stesso livello, rifare il tetto con due soli spioventi, rendere più ampi i due portoni delle botteghe sulla strada maestra, aprire una porta d'ingresso e sovrapposta finestra.

La Commissione approvò ogni cosa meno la distruzione della guardiola, posta in Via Guido Da Polenta nell'angolo verso il cortile. Per fortuna il Consigliere anziano Vincenzo Monghini fece osservare:

... di non essere d'avviso che debbiasi cambiare di forme e di aspetto un edifizio che rammenta la storia della più antica casa della nostra Città e dimostra come erano costruiti gli edifici di abitazione e di difesa a tempi purtroppo tristi ma storici, finalmente perchè l'edifizio è per la sua struttura unico nella nostra Città.

E la Magistratura gli dette ragione. Allora il Boni ridusse le sue richieste: avrebbe solo allargato i portoni delle botteghe, la porta d'ingresso, due finestre, alzata la parte bassa della casa portandola all'altezza della torre. Tra le demolizioni richieste figurava anche la torricella merlata, nell'angolo verso l'attuale Casa Casadio. Il Magistrato autorizzò solo poche modifiche, ma al Boni non piacquero le restrizioni previste e fece ciò che volle, pare verso il 1850, forse di sorpresa. Così pure fece nel 1876 Giuseppe Bellenghi che, di notte, demolì anche l'ultima torricella merlata per ricavarne l'attuale terrazzo. Tale abuso edilizio gli costò una multa di ben £ 50.

Successivamente a tale fase di ristrutturazione, operata dai proprietari Boni e Bellenghi, sono stati realizzati solamente interventi limitati per dotare il Palazzo di servizi igienici adeguati, d'impianti di riscaldamento ed elettrici, per la realizzazione della copertura dell'ex cortile.
Il Palazzo è stato sottoposto, negli ultimi anni del Novecento, ad importanti opere di restauro e di manutenzione, quali il rifacimento del tetto e del terrazzo ed il consolidamento dei muri portanti con l'utilizzo di moderni metodi a base di resine, con la guida dell'Ing. Livio Volpi Ghirardini.
Successivamente, grazie all'iniziativa dei Presidenti del Circolo Avv. Antonio Della Casa che ha avviato i lavori e Dr. Gianni Rubboli che li ha portati a termine, si è proceduto ad un'accurata fase d'interventi di restauro di tutte le pitture murarie dei soffitti localizzati al piano nobile del Palazzo. Le decorazioni, insieme all'aspetto complessivo interno dei locali, risalgono al periodo 1850-1880.
Le decorazioni sono classificabili nella categoria delle decorazioni murarie, in quanto realizzate completamente a secco, e non ad affresco, tramite una materia pittorica per lo più adducibile ad una tempera grassa, non particolarmente corposa, con evidenti pennellate di rilievo esclusivamente sui toni massimi chiari.
Le superfici decorate delle volte si rifanno al gusto eclettico tipico della seconda metà del XIX secolo.
La rivista Geometrainforma, documentando l'intervento di restauro dei soffitti, riferisce che l'opera di recupero scientifico-conservativo è stata eseguita dall'impresa specializzata Arte e Restauro di Angela Guerrini.
Le superfici decorate erano completamente rivestite da uno spesso strato di polveri e fumi sedimentati, ed in alcuni punti macchiate a causa d'infiltrazioni di acque meteoriche e dei servizi posti ai piani superiori; inoltre esse presentavano evidenti segni di fessurazioni ed in alcune zone problemi d'adesione con diffuse cadute ed abrasioni della materia pittorica. Si è potuto anche stabilire con certezza che i soffitti avevano subito negli anni interventi di manutenzione con ampie e grossolane stuccature e riprese cromatiche invasive, alterando l'originale contesto figurativo, tutto ciò ripercuotendosi sul tono e sul valore del colore.
Il programma dei lavori è stato realizzato su progetto e direzione dell'Arch. Mauro Ruscitti, assistito per la direzione tecnica di cantiere dal Geom. Andrea Turchi, sotto la vigilanza della Soprintendenza ai beni architettonici.

L'intervento è stato frutto di appassionati studi sulle scelte più appropriate per l'impiego di materiali atti a rendere il più possibile leggibile la vasta gamma delle scenografie rappresentate nei soffitti.
Negli 2007 e 2008 sono state realizzate nuove opere di rifacimento della cucina, del bar, dei servizi igienici, di allestimento del terrazzo, di realizzazione dell'ascensore, grazie all'iniziativa del Presidente del Circolo Dr. Giuseppe Rossi.